Per stabilire se le immissioni sono illegittime, nessuna rilevanza può attribuirsi alla normativa di tipo pubblicistico, in quanto quest'ultima è volta a regolare il rapporto tra il privato, proprietario dell'immobile da cui provengono le immissioni, e la pubblica autorità deputata alla vigilanza sull'osservanza degli standard ambientali fissati dal legislatore.
Del resto, mentre è senz'altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano, nell'interesse della collettività, le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi, non può far considerare senz'altro lecite le immissioni (Cass., sent. n. 939 del 17 gennaio 2011).
Il principio è stato affermato in relazione a un caso di conflitto tra un avvocato, proprietario di un appartamento adibito ad abitazione e studio professionale, e il titolare di una libreria, conduttore dell'immobile attiguo, il quale aveva installato un ventilatore in un'apertura lucifera esistente nel muro comune dividente i due immobili.
La Cassazione non ha condiviso la decisione del giudice di secondo grado che, ritenendo sostanzialmente omogenee due attività del tutto eterogenee, l'una libero professionale, implicante attività di studio e consultazione e, dunque, richiedente particolare tranquillità, l'altra di tipo commerciale, ha privilegiato quest'ultima sull'erronea considerazione che il negozio richiedesse un adeguato regolamento della temperatura e le immissioni fossero rispettose dei parametri fissati da norme speciali, contenute nella legge 447 del 26 gennaio 1995, finalizzate precipuamente alla tutela di interessi generali. Anche in questo caso, però, il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni si doveva formulare alla stregua dei principi di cui all'art. 844 cod. civ.
Qualora un condomino, quindi, nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni, dia luogo a immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini, il conflitto deve essere risolto secondo i criteri dettati dall'art. 844 cod. civ.
E' possibile, tuttavia, che una norma del regolamento di condominio, di natura contrattuale, preveda una disciplina più rigorosa di quella contenuta nell'art. 844 cod. civ., come nell'ipotesi in cui faccia divieto di adibire i locali di proprietà individuale all'esercizio di attività tali da comportare un'alterazione nella condizione di "tranquillità" dei partecipanti della collettività condominiale.
Pertanto, qualora il regolamento faccia divieto di svolgere nei locali di proprietà individuale determinate attività, non occorre accertare, al fine di ritenerla legittima, se questa possa dar luogo o meno a immissioni vietate a norma dell'art. 844 cod. civ., in quanto le norme regolamentari di natura contrattuale possono legittimamente imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche diverse e maggiori rispetto a quelle stabilite dalla citata norma e l'obbligo del condomino di adeguarsi alla norma regolamentare discende in via immediata e diretta.
Così la Suprema Corte ha recentemente confermato la sentenza della Corte di merito che aveva ritenuto non tollerabili le immissioni acustiche prodotte dal funzionamento di un'autoclave e di un bruciatore che un condomino aveva installato nel suo locale, tenuto conto degli elevati livelli dei valori sonori, accertati strumentalmente, della situazione dei luoghi, trattandosi di edificio ubicato in comune montano, del funzionamento dei detti impianti per molti mesi dell'anno e anche in ore notturne, della collocazione degli stessi in un locale a stretto contatto con la camera da letto dei condomini danneggiati e della necessità di questi, data la loro avanzata età, di godere di tranquillità e riposo e aveva, altresì, disposto l'adozione di particolari accorgimenti (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 3438 del 12 febbraio 2010).
In ogni caso la normale tollerabilità non può essere intesa quale assenza assoluta di rumore: il fatto che un rumore venga percepito non significa anche che sia intollerabile.
Il principio è stato recentemente affermato dalla Cassazione (Sez. II, sent. n. 3440 dell'11 marzo 2011), la quale ha confermato la decisione del giudice di secondo grado, secondo cui la ventola di aspirazione del bagno di un condomino non poteva disturbare il vicino in quanto il rumore del motorino era percepibile solo nelle ore serali o notturne e funzionava solo quando veniva usato il bagno, per eliminare i cattivi odori: in effetti non si può non tenere conto della durata continua o della occasionalità delle immissioni sonore.
Del resto, è del tutto evidente che, se le immissioni fossero intollerabili ai sensi dell'art. 844 cod. civ., le stesse verrebbero percepite anche nel corso della giornata.
La soglia del rumore
Ai fini della valutazione del limite di tollerabilità delle immissioni acustiche, la giurisprudenza utilizza il cosiddetto criterio comparativo, che assume come punto di riferimento il "rumore di fondo" della zona, vale a dire quel complesso di suoni di origine varia e non identificabile, continui e caratteristici della zona, sui quali si innestano, di volta in volta, rumori più intensi. Tale criterio consiste nel confrontare il livello medio del rumore di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo soggetto alle immissioni, al fine di verificare se sussista un incremento non tollerabile del livello medio di rumorosità.
In particolare, secondo la giurisprudenza il rumore si deve ritenere intollerabile allorché, sul luogo che subisce le immissioni, si riscontri un incremento dell'intensità del livello medio del rumore di fondo di oltre 3 decibel.
Questo valore viene solitamente considerato il limite massimo accettabile di incremento del rumore, tenuto conto di tutte le caratteristiche del caso concreto, ed è stato riconosciuto anche dalla Cassazione come "un valido ed equilibrato parametro di valutazione" per un idoneo contemperamento delle opposte esigenze dei proprietari.
Data la natura del criterio di valutazione generalmente adoperato, normalmente, in sede giudiziaria, per accertare il livello di tollerabilità di un'immissione sonora si fa ricorso a una consulenza tecnica d'ufficio, prescindendo dai giudizi e dalle impressioni soggettive delle persone interessate.
I mezzi di prova non devono però essere necessariamente di natura tecnica.
Infatti, in particolari situazioni, attinenti a emissioni rumorose discontinue, difficilmente verificabili e riproducibili, per la loro spontaneità, sul piano sperimentale, è utile il ricorso alla prova testimoniale, e non anche alla consulenza tecnica (la cui adozione costituisce tipico esercizio di facoltà discrezionale di merito), quale fonte conoscitiva dei fatti denunciati dalla vittima delle immissioni, oltre che alle nozioni di comune esperienza.