Infiltrazioni in condominio. Per essere risarciti le foto dello stato dei luoghi non bastano per essere risarciti
Nel caso di danni da infiltrazioni subiti dal conduttore
di una unità immobiliare ubicata in condominio e provenienti dalle
parti comuni dell'edificio, il titolare del diritto personale di
godimento ha azione diretta contro il condominio per il nocumento subito.
Il
proprietario dell'appartamento non può essere considerato responsabile
per le infiltrazioni; la fattispecie va inquadrata nell'ambito delle
molestie di fatto, previste dall'art. 1585 c.c., che danno azione
diretta al conduttore contro i molestatori, mandando indenne il locatore
da responsabilità di ogni sorta.
Questa, in sintesi, la conclusione cui è giunto il Tribunale di Arezzo con la sentenza n. 903 pubblicata mediante deposito in cancelleria il 27 luglio 2017.
I fatti:
i conduttori di un locale adibito ad attività commerciale chiamavano in
causa il condominio ed il proprietario dell'unità immobiliare per
sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti dalla loro merce e
causato dall'allagamento del negozio.
L'allagamento era stato provocato dall'impianto condominiale di autoclave. Il condominio
nelle proprie difese cercava di scaricare la responsabilità sui
proprietari del negozio (a suo modo di vedere diretti responsabili
dell'impianto perché posizionato in una parte di loro proprietà) e
comunque sulle imprese che avevano eseguito interventi sull'impianto di
autoclave, chiamandole in causa.
La sentenza, che ha visto la condanna in solido di una serie di soggetti, ha comunque accertato anche la responsabilità del condominio.
La ragione di questa presa di posizione sta nelle distinzione tra molestie di fatto
e molestie di diritto e nella riconducibilità delle infiltrazioni
nell'ambito delle prime. Si legge in sentenza che le infiltrazioni
devono essere ricomprese nell'ambito delle così dette molestie di fatto,
fattispecie disciplinata dal succitato articolo e come tale su di esse l'inquilino non può pretendere alcunché dal proprietario.
Il
giudice aretino, nel motivare la propria presa di posizione, cita a
sostegno della stessa una pronuncia del Tribunale di Roma nella quale si
opera chiaramente una distinzione tra i presupposti fattuali che
consentono di considerare un avvenimento come molestia di diritto o di fatto.
Nel
primo caso, si legge in sentenza, i terzi molestano il conduttore
accampando pretese sul bene. Si pensi all'ipotesi del terzo che ritiene
di avere un contratto di locazione sullo stesso immobile, oppure di
avere diritto d'uso in ragione di altri accordi, ovvero ancora una
servitù di passaggio, ecc.
“Le molestie di fatto, invece, si
realizzano quando i terzi non avanzino pretese di natura giuridica ma
arrechino pregiudizio al godimento del conduttore mediante impedimenti
concreti o attività materiali ostative, riconducibili nel concetto di
atto illecito in senso lato, […]” (Trib. Arezzo 27 luglio 2017 n. 903).
Dato
questo contesto, prosegue la sentenza, mentre rispetto alle molestie di
diritto la legge prevede una responsabilità del proprietario verso il
conduttore, per le molestie di fatto l'unico responsabile è chi commette
l'atto illecito, o nel caso di danni da cose in custodia – quali sono i
danni da infiltrazioni – il custode del bene dal quale provengono.