Amministrazioni Condominiali - CED di Dott.ssa TIZIANA MULAS
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Per la costituzione del condominio
non assume rilievo il numero dei condomini, che il Codice civile prende
in considerazione solo per determinare i casi in cui è obbligatorio
dotarsi di un regolamento o nominare un amministratore.
Dunque, è
ben possibile configurare una situazione di condominio in presenza di
due soli partecipanti (c.d. condominio minimo), fattispecie
pacificamente riconosciuta in dottrina e giurisprudenza. Più complessa
si presenta invece la questione della normativa da applicare.
Ci si chiede, in altri termini, se il condominio minimo rientri nel
campo di applicazione delle norme sul condominio o in quello della
comunione in generale.
Secondo un primo orientamento, alla fattispecie in esame si applicherebbe la disciplina generale della comunione:
in presenza di due soli partecipanti non si può parlare di condominio,
in quanto risulta impossibile formare le maggioranze richieste dalle
legge per il governo delle parti comuni e, di conseguenza, non risulta
applicabile l'art. 1136 c.c. per tutto ciò che riguarda il funzionamento
dell'assemblea. => Primi atti di gestione di un piccolo condominio
La giurisprudenza più recente,
invece, ha affermato che la destinazione funzionale delle parti comuni
dell'edificio al servizio delle proprietà esclusive esiste in modo
identico in tutte le possibili ipotesi condominiali, indipendentemente
dal numero dei partecipanti, per cui non vi è motivo di disattendere la
normativa condominiale anche nel caso di due soli condomini.
Invero,
è stato osservato che i problemi legati all'impossibilità per
l'assemblea di deliberare a maggioranza possono verificarsi anche nei
condomini con un numero di partecipanti superiore a due, come nel caso,
ad esempio, di condominii in cui potrebbero precostituirsi delle fazioni
contrapposte di eguale partecipazione numerica e rappresentanza
millesimale. Ne consegue l'applicazione degli artt. 1117 c.c. e ss.
anche al c.d. condominio minimo, con la sola esclusione dell'applicabilità delle c.d. norme procedimentali
(cioè di quelli relative al funzionamento dell'assemblea). Per queste
ultime, opera il rinvio ex art. 1139 c.c., con applicazione delle norme
dettate per la comunione generale (in particolare gli artt. 1104, 1105,
1106 c.c.) (Cass. civ., 26.5.1993, n. 5914).
Negli anni 2000 la
Corte di Cassazione è intervenuta in maniera più netta sull'argomento
precisando che nel caso di condominio composto da soli due partecipanti
le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa
comune devono essere oggetto di regolare delibera, adottata previa
rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non
costituisce valido equipollente il mero avvertimento o la mera
comunicazione all'altro condomino della necessità di procedere a
determinati lavori. Il principio della preventiva convocazione e
successiva deliberazione dell'assemblea può essere derogato solo se vi
sono ragioni di particolare urgenza (Cass. civ., 3.7.2000, n. 8876).
Tale orientamento è stato da ultimo confermato dalle Sezioni Unite con la sentenza 30 gennaio 2006 n, 2046. Intervenendo a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi in materia, il supremo Consesso ha stabilito che la disciplina dettata dal codice civile per il condominio di edifici trova applicazione anche in caso di condominio minimo,
cioè di condominio composto da due soli partecipanti, tanto con
riguardo alle disposizioni che regolamentano la sua organizzazione
interna, non rappresentando un ostacolo l'impossibilità di applicare, in
tema di funzionamento dell'assemblea, il principio maggioritario,
atteso che nessuna norma vieta che le decisioni vengano assunte con un
criterio diverso, nella specie all'unanimità, quanto, a fortiori, con
riferimento alle norme che regolamentano le situazioni soggettive dei
partecipanti, tra cui quella che disciplina il diritto al rimborso delle
spese fatte per la conservazione delle cose comuni (Cass. civ., S.U.,
30/01/2006, n. 2046. Conforme, Cass. civ. 03/04/2012, n. 5288).